Danny Boyle @ MAXXI

Danny Boyle

«Bisogna avere il coraggio di andare in posti inesplorati, i peggiori errori si fanno quando si è troppo sicuri di se stessi».

A parlare è Danny Boyle, seduto su una poltrona, accerchiato dalle sagome di cartone di Spud, Mark Renton, Sick Boy e Francis Begbie.

Il cult del 1996 che narrava le storie di 4 giovani eroinomani inglesi ha finalmente avuto un seguito. Se ne parlava da tempo ma ora, a distanza di 20 anni, il momento è arrivato.

E la prima, inevitabile, domanda è: T2 rovinerà la perfezione di Trainspotting?

Bisogna capire che, per chi ha ricevuto quell’imprinting visivo, sonoro e narrativo dopo aver visto per la prima volta l’ormai celebre cult tratto dall’altrettanto celebre romanzo di Irvine Welsh, questa domanda è cruciale.

Ewan McGregor, attore protagonista nel ruolo di Mark Renton, ha affermato: «Trainspotting è stato gli Oasis del mondo del cinema».
Un film fondamentale degli anni 90, significativo per un’intera generazione, con una colonna sonora perfetta. È stato un esempio di stile per molto di quello che è venuto dopo. Più autentico del punk dei Sex Pistols, quel mondo è iniziato dal romanzo di Welsh ed è approdato al cinema mantenendo il contenuto esplosivo, sintetizzandone la chiave di lettura.

Il creatore di tutto questo è il Danny Boyle, che il 31 gennaio scorso ha incontrato il pubblico romano nella candida cornice del MAXXI all’interno della rassegna Cinema al MAXXI curata da Mario Sesti.

Il regista (premio Oscar di The Millionaire e 28 giorni dopoThe Beach e Steve Jobs) presenterà in concorso a Berlino il sequel del suo film più noto: Trainspotting 2. La conversazione con Mario Sesti è stata accompagnata dalla proiezione di materiali inediti sul film.

Boyle ha spiegato subito il punto da cui è partito per realizzare un seguito: «I personaggi che erano nel primo film vivevano in un età in cui ci si considera invincibili, loro ce l’avrebbero fatta! Ne erano convinti e in fondo capita a tutti, o quasi, pensate a Tommy. Nel 1996 a loro non gliene fregava niente di nessuno, poi però sono sopravvissuti, hanno dovuto per forza fare i conti con il tempo. Hanno capito che al tempo non gliene frega niente di loro. Così ci siamo semplicemente chiesti: che fine hanno fatto?»

C’è da dire comunque che il romanzo di Irvine Welsh aveva già avuto un seguito: Porno raccontava le vicende dei ragazzi di Leith 10 anni dopo gli eventi di Trainspotting, prendendo una piega meno drammatica, mantenendo però il cinismo e l’ironia.

Per T2 Boyle e lo sceneggiatore John Hodge hanno deciso di distaccarsi molto da Porno: «Abbiamo provato ad adattare Porno, circa 10 anni fa, ma non aveva funzionato. Non era niente di speciale: ne sarebbe scaturito un sequel come tanti altri, ma eravamo consapevoli che per Trainspotting le aspettative erano enormi».

Per il regista, una fortuna è stata il fatto che Trainspotting era uno di quei romanzi infilmabili, per cui aveva ampia libertà di adattare a suo modo il libro, mentre Porno è stato scritto in una forma più cinematografica.

«Abbiamo mantenuto solo alcuni elementi del romanzo e nel finale Spud innesca uno strano loop che dà vita a un ciclo e si ricollega al libro, ma non voglio fare spoiler… Se sei abbastanza fortunato da continuare a lavorare nel cinema hai una grande responsabilità e l’unica cosa che puoi fare è cercare di non ripeterti, perché in ogni caso ti ripeti, ma devi comunque tentare di non farlo».

E alla domanda riguardo il suo rapporto con la musica, Boyle risponde: «Amo la musica, molto più del cinema. Non ho mai avuto una band, anche se mi sarebbe piaciuto molto. Forse questo si vede nei miei film, ma con l’età questo mio rapporto con le note è cambiato. Quasi mi imbarazza ammetterlo, ma oggi devo chiedere ai miei figli quali siano i pezzi del momento. Alcuni critici, all’epoca, mi accusarono perché lo stile di Trainspotting sembrava quello di un videoclip in rotazione su MTV, ma era esattamente quello che volevo!»

Danny Boyle @ MAXXI

Danny Boyle

«Bisogna avere il coraggio di andare in posti inesplorati, i peggiori errori si fanno quando si è troppo sicuri di se stessi».

A parlare è Danny Boyle, seduto su una poltrona, accerchiato dalle sagome di cartone di Spud, Mark Renton, Sick Boy e Francis Begbie.

Il cult del 1996 che narrava le storie di 4 giovani eroinomani inglesi ha finalmente avuto un seguito. Se ne parlava da tempo ma ora, a distanza di 20 anni, il momento è arrivato.

E la prima, inevitabile, domanda è: T2 rovinerà la perfezione di Trainspotting?

Bisogna capire che, per chi ha ricevuto quell’imprinting visivo, sonoro e narrativo dopo aver visto per la prima volta l’ormai celebre cult tratto dall’altrettanto celebre romanzo di Irvine Welsh, questa domanda è cruciale.

Ewan McGregor, attore protagonista nel ruolo di Mark Renton, ha affermato: «Trainspotting è stato gli Oasis del mondo del cinema».
Un film fondamentale degli anni 90, significativo per un’intera generazione, con una colonna sonora perfetta. È stato un esempio di stile per molto di quello che è venuto dopo. Più autentico del punk dei Sex Pistols, quel mondo è iniziato dal romanzo di Welsh ed è approdato al cinema mantenendo il contenuto esplosivo, sintetizzandone la chiave di lettura.

Il creatore di tutto questo è il Danny Boyle, che il 31 gennaio scorso ha incontrato il pubblico romano nella candida cornice del MAXXI all’interno della rassegna Cinema al MAXXI curata da Mario Sesti.

Il regista (premio Oscar di The Millionaire e 28 giorni dopoThe Beach e Steve Jobs) presenterà in concorso a Berlino il sequel del suo film più noto: Trainspotting 2. La conversazione con Mario Sesti è stata accompagnata dalla proiezione di materiali inediti sul film.

Boyle ha spiegato subito il punto da cui è partito per realizzare un seguito: «I personaggi che erano nel primo film vivevano in un età in cui ci si considera invincibili, loro ce l’avrebbero fatta! Ne erano convinti e in fondo capita a tutti, o quasi, pensate a Tommy. Nel 1996 a loro non gliene fregava niente di nessuno, poi però sono sopravvissuti, hanno dovuto per forza fare i conti con il tempo. Hanno capito che al tempo non gliene frega niente di loro. Così ci siamo semplicemente chiesti: che fine hanno fatto?»

C’è da dire comunque che il romanzo di Irvine Welsh aveva già avuto un seguito: Porno raccontava le vicende dei ragazzi di Leith 10 anni dopo gli eventi di Trainspotting, prendendo una piega meno drammatica, mantenendo però il cinismo e l’ironia.

Per T2 Boyle e lo sceneggiatore John Hodge hanno deciso di distaccarsi molto da Porno: «Abbiamo provato ad adattare Porno, circa 10 anni fa, ma non aveva funzionato. Non era niente di speciale: ne sarebbe scaturito un sequel come tanti altri, ma eravamo consapevoli che per Trainspotting le aspettative erano enormi».

Per il regista, una fortuna è stata il fatto che Trainspotting era uno di quei romanzi infilmabili, per cui aveva ampia libertà di adattare a suo modo il libro, mentre Porno è stato scritto in una forma più cinematografica.

«Abbiamo mantenuto solo alcuni elementi del romanzo e nel finale Spud innesca uno strano loop che dà vita a un ciclo e si ricollega al libro, ma non voglio fare spoiler… Se sei abbastanza fortunato da continuare a lavorare nel cinema hai una grande responsabilità e l’unica cosa che puoi fare è cercare di non ripeterti, perché in ogni caso ti ripeti, ma devi comunque tentare di non farlo».

E alla domanda riguardo il suo rapporto con la musica, Boyle risponde: «Amo la musica, molto più del cinema. Non ho mai avuto una band, anche se mi sarebbe piaciuto molto. Forse questo si vede nei miei film, ma con l’età questo mio rapporto con le note è cambiato. Quasi mi imbarazza ammetterlo, ma oggi devo chiedere ai miei figli quali siano i pezzi del momento. Alcuni critici, all’epoca, mi accusarono perché lo stile di Trainspotting sembrava quello di un videoclip in rotazione su MTV, ma era esattamente quello che volevo!»